Una mostra straordinaria, ricca di oltre 350 capolavori provenienti dal Messico, illustra in maniera completa ogni aspetto della più famosa cultura precolombiana.
Il Museo antropologico di Città del Messico, i Musei del sito del Templo Mayor e di altre importanti centri archeologici messicani prestano, per la prima volta in Italia, tutte le opere più spettacolari e significative dell’intera Collezione di Arte Azteca, che costituisce la parte fondamentale del patrimonio artistico del Messico.
L’evento, già di per sé eccezionale anche per la monograficità tematico-cronologica, è ulteriormente arricchito dalla presenza di 40 reperti provenienti dai recentissimi scavi dell’area del Templo Mayor, la più grande piramide azteca dell’antica capitale Tenochtitlán.
Questi materiali, che allargano in modo stupefacente le conoscenze sui riti aztechi che si celebravano in onore degli dei della vita e della morte, sono presentati in anteprima mondiale nella Mostra di Roma.
Gli Aztechi o Mexica, detti il popolo “del cactus, dell’aquila e del serpente sul cuore palpitante” – immagine tramandata nei codici dipinti e ora simbolo centrale nella bandiera messicana – sono famosi e ricordati nell’immaginario collettivo soprattutto per quelle inquietanti usanze rituali legate ai sacrifici umani che tanto inorridirono gli spietati Conquistadores spagnoli che, guidati da Cortés, conquistarono il Messico per la corona di Spagna a partire dal 1519.
Gli Spagnoli, dopo i primi deludenti anni di esplorazione delle isole caraibiche che seguirono alla scoperta dell’America, si imbatterono, sbarcando sulle coste del Messico e penetrando al suo interno, nell’ultima cultura fiorita sulle orme degli Olmechi, Toltechi e in parte dei Maya: gli Aztechi.
Questo popolo, stabilizzato nel Messico centrale e fiorito tra il 1325 e il 1521, aveva formato un vasto impero, espandendosi fino al Guatemala e dominando il territorio dalla costa atlantica a quella del Pacifico.
L’espansione militare ed economica si accompagnò con un eccezionale sviluppo delle espressioni artistiche ed architettoniche, nonché con l’elaborazione di un complesso sistema di scrittura pittografica utilizzata soprattutto nei libri dipinti (codici), poi purtroppo quasi totalmente distrutti dai Conquistadores.
L’Impero azteco, guidato con saggezza dal grande Moctezuma, era dunque all’apice della sua potenza e della sua espressione artistica e culturale in quel fatale 1519. L’approccio tra i due mondi fu improntato inizialmente ad una reciproca curiosità e persino al rispetto. Gli Spagnoli condotti in pace fino nel cuore del mondo azteco, nella splendida capitale Tenochtitlán, oggi Città del Messico, rimasero sbalorditi e abbagliati da tanta bellezza, dall’armonia che tutta quella cultura aveva saputo realizzare con l’ambiente naturale e tra gli uomini, legati da relazioni sociali equilibrate e funzionali alla prosperità. La magnifica città di oltre 300.000 abitanti era stata costruita su un’isola del lago Texcoco, sui verdi altopiani del Messico centrale, circondati dalla splendida e sinistra sagoma dei vulcani innevati. Dopo la conquista spagnola, Tenochtitlán fu quasi completamente distrutta e ricostruita come Mexico-Tenochtitlán, ora detta Città del Messico, la capitale del moderno stato. Quasi tutto il lago Texcoco fu interrato e scomparve sotto le costruzioni della nuova città. L’eredità archeologica del mondo azetco resta legata fondamentalmente alle rovine del Templo Mayor che costituì il cuore dell’attività religiosa azteca e fu il simbolo dell’Impero stesso.
Una cultura, quella azteca, comunque complessa e per molti aspetti lontana dalla comprensione dei Conquistadores anche perché caratterizzata da un lato dall’esaltazione della vita, della bellezza, della natura, del colore e delle grandi architetture, ma dall’altro segnata da una cupa religiosità, timorosa degli eventi naturali, dominata dall’oroscopo e dai presagi e legata ai terrificanti sacrifici umani.
L’incontro tra i due mondi, presto tragicamente trasformato in conflitto, portò all’inesorabile declino del popolo azteco, decimato soprattutto dalle malattie, tra queste il vaiolo, sconosciute nelle Americhe e portate dagli Europei. Gli Spagnoli della conquista fagocitarono il mondo azteco e travolsero, depredando, i segni della sua cultura.
I templi, le statue degli dei, i codici miniati con il patrimonio linguistico e letterario di un intero popolo furono distrutti, bruciati nei roghi voluti anche dai missionari per cancellare il paganesimo barbaro e sanguinario.
I preziosi gioielli, delicati simboli del potere e della bellezza furono portati in Spagna e fusi per ricavare moneta in grado di pagare gli eserciti in guerre europee.
Poche opere si salvarono da tanta distruzione, alcune solo di recente recuperate dagli scavi archeologici che stanno restituendo tanta storia degli Aztechi sepolta sotto le abitazioni di Città del Messico, la capitale che gli Spagnoli vollero sorgesse sulle rovine di Tenochtitlán, la splendida città di Moctezuma.
Tutto questo sarà in mostra a Roma, Fondazione Memmo, da marzo a luglio 2004, nella spettacolare suggestione di Palazzo Ruspoli. Le opere presentate che sono le più importanti di tutta la cultura azteca sopravvissuta alle distruzioni degli spagnoli racconteranno per temi il mondo e la cultura degli Aztechi fino alla conquista di Cortés.
Si potranno ammirare le enormi statue di pietra, gli dei in terracotta policroma, le superbe decorazioni e maschere in mosaico di turchese, madreperla e pietre dure, i raffinati gioielli da parata, le novità (in prima mondiale) provenienti dai recentissimi scavi archeologici del Templo Mayor, la più grande piramide azteca dell’antica capitale.
Molti nomi delle opere presenti in mostra sono in Nahuatl, la lingua ufficiale degli antichi Aztechi, ancora parlata oggi in molte parti del Messico.