Picasso e la sua epoca. Donazioni a Musei Americani
30 Ottobre 2004 – 23 Gennaio 2005
Roma – Palazzo Ruspoli (50.541 Visitatori)
Catalogo Skira
Celebrato, ancora una volta, il genio di Pablo Picasso, il più grande innovatore dell’arte del XX secolo, grazie alle opere, sorprendentemente inedite per il grande pubblico italiano, esposte per la prima volta a Roma dal 30 ottobre all’8 gennaio 2005, alla Fondazione Memmo di Palazzo Ruspoli, in un’ importante mostra intitolata “L’epoca di Picasso. Donazioni a Musei Americani”. Circa 40 i dipinti di rilievo attraverso i quali è possibile ripercorrere il lunghissimo e complesso cammino artistico del maestro dal Cubismo al Surrealismo e nello stesso tempo il ruolo della vasta produzione picassiana, non solo nei confronti dell’arte europea; da Fernand Léger a Mirò, ma l’impatto con gli artisti, dell’avanguardia nord americana: da Morgan Russell, Charles Demuth, Stuart Davis, Willem de Kooning fino a Jackson Pollock che nel 1948 sperimentava il “dripping” con gesti circolari nell’ “action painting”, ispirandosi alle forme tondeggianti e sensuali di Picasso. In mostra capolavori raramente esposti in Europa, come Paesaggio di Horta del Ebro, di Picasso, opera chiave del primo Cubismo, Duo di Stuart Davis, che offre una risposta profondamente americana a Picasso, essendo letteralmente, rossa, bianca e blu.
I dipinti sono notevoli, non soltanto per il nome degli autori, ma anche per la loro storia.
Il Nudo di donna di Picasso, opera del 1910, è misteriosa ed affascinante. È stata acquistata da Walter e Louise Arensberg i quali seguendo i consigli di Marcel Duchamp avevano costituito una collezione senza pari di opere cubiste e dadaiste.
La Natura morta davanti a una finestra aperta di Picasso è una composizione lirica, tra Realismo e Cubismo, appartenuta a Albert Gallatin, il cui “Museum of Living Art” di Philadelphia fu il primo vero rivale del “Museum of Modern Art”.
Donna con cappello, – del 1934 – sempre di Picasso, è un capolavoro del Surrealismo dai colori caldi, sensuali e dalle forme erotiche. Fu acquistato da Joseph Hirshhorn, famoso per il suo acume finanziario e per il suo appetito onnivoro per l’arte.
I dipinti esposti alla Fondazione sono esempi di brillanti acquisizioni, ma anche simbolo della straordinaria generosità dei collezionisti americani. Gallatin e Arensberg donarono le loro collezioni al “Philadelphia Museum of Art”. Hirshhorn donò agli americani la sua collezione, insieme ad un magnifico museo dove ospitarla.
Un altro grande uomo d’affari, collezionista, Ferdinand Howald, fece dono delle sua collezione al “Columbus Museum of Art” rappresentata in questo evento, da opere di Picasso e di Albert Gleizes e dagli americani Charles Demuth e Staton Macdonald Wright. Tutte le opere esposte a Roma, europee e americane -è qui che risiede la particolarità della mostra -provengono da musei americani e sono donazione di privati. Negli Stati Uniti, ogni città che si rispetti possiede un museo di arte contemporanea importante. Nel 1839, Alexis de Tocqueville scriveva: “gli americani quale che sia lo loro età, condizione e disposizione, fondano continuamente associazioni”. È da questa tendenza, da questa specie di necessità civile e sociale che nascono la ricchezza e la varietà dei musei statunitensi. In questa esposizione non si tratta di opere acquistate, sistematicamente da conservatori e curatori specializzati, ma donate da collezionisti privati, i quali già dai primi decenni del ‘900 e durante tutto il secolo, interpretavano con anticipo lo spirito del tempo. Avevano scelto opere significative destinate ad entrare, prima nelle loro raccolte di famiglia e, in un secondo tempo, nelle collezioni dei musei pubblici, dei quali gli stessi collezionisti sono tutt’ora i principali fondatori e patrocinatori. Gesti munifici i loro, che hanno anche lo scopo di affermare il prestigio delle loro stesse azioni, valutate proprio in funzione dell’importanza delle opere donate dai musei. Pubbliche istituzioni, i musei, delle quali gli americani vanno giustamente orgogliosi, costituite con il contributo di generose generazioni di donatori i quali hanno consentito a milioni di appassionati d’arte d’oltre oceano, e agli stessi artisti nordamericani di avvicinare e conoscere capolavori che in altri luoghi e paesi del mondo vengono gelosamente custoditi, se non in cassaforte, in case private e, riservati all’ammirazione di cerchie ristrette di amici e intenditori. Da tempo gli Stati Uniti considerano la supremazia culturale ed artistica una carta vincente per l’immagine complessiva del paese e sostengono il mecenatismo anche attraverso una favorevole politica fiscale che agevola le donazioni agli spazi espositivi pubblici da parte dei più illuminati rappresentanti del capitalismo americano.