Nefertari: Luce d’Egitto
130 opere provenienti dal: British Museum, Louvre, Museo Egizio di Torino, Museo Archeologico di Firenze e la Biblioteca Reale di Torino.
In collaborazione con il Getty Conservation Institute.
06 Ottobre 1994 / 05 Giugno 1995
Roma – Palazzo Ruspoli (380.000 Visitatori)
Torino – La Promotrice (200.000 Visitatori)
Bari – Castello Svevo (220.000 Visitatori)
Venezia – Museo Archeologico (300.000 Visitatori)
Catania – Le Ciminiere 1999
Catalogo – Leonardo Arte
La mostra Nefertari: Luce d’Egitto, organizzata da The Getty Conservation Institute è innanzitutto un omaggio a Nefertari, l’affascinante regina, moglie prediletta del più grande faraone d’Egitto, Ramesse II, il quale la innalzò alla condizione di divinità vivente attribuendole appellativi come: “la Divina”, “la più amata”, “la Signora del fascino”, “la dolce in amore”, “Madre e Signora del dio in vita”. Non a caso il nome Nefertari letteralmente significa “la più bella”, ed inoltre è quasi sempre seguito dall’attributo Mery-en mut, “amata da Mut”, la divinità tebana, sposa di Ammone.
In uno straordinario contesto museografico, appositamente realizzato per questa mostra, il visitatore viene guidato attraverso un lungo percorso alla ricerca dell’eternità di Nefertari. Partendo dalla scoperta di Schiapparelli che fu capo della missione italiana in Egitto e direttore del Museo Egizio di Torino dal 1894 fino alla sua scomparsa, nel 1928, la mostra illustra lo splendore del regno di Ramesse II, grande costruttore e conquistatore. Si vede, nella camera del sarcofago (riprodotta in mostra), Nefertari che si presenta agli dei grazie a dipinti restaurati che rischiavano di scomparire.
Con l’aiuto delle più moderne tecnologie, i visitatori possono visitare l’intera tomba di Nefertari attraverso realtà virtuale. Infatti per mezzo di un sistema assolutamente innovativo sviluppato dall’ENEL e INFOBYTE, il visitatore può viaggiare nel tempo e nello spazio, vedere la tomba alla stato attuale e prima della conservazione e provare così l’emozione d’una grande scoperta, come fece Schiapparelli 90 anni fa, rivivendo la magica atmosfera dell’Antico Egitto. Inoltre, in mostra, si potranno osservare ben 130 opere tra cui reperti appartenenti al corredo funerario originale di Nefertari, amuleti, ushabti ovvero piccole e preziose statuette funerarie, gioielli, oltre ai sandali della Regina e ad altri oggetti di uso quotidiano provenienti dalle prestigiose collezioni del Louvre, del British Museum, del Museo Egizio di Torino, della Biblioteca Reale di Torino e del Museo Archeologico di Firenze. Il visitatore rimane strabiliato nel passare dai piccoli capolavori, come il prezioso anello a cartiglio con i nomi di Ramesse e Nefertari, a reperti della portata del grande Colosseo di Ramesse II. Molti tra gli oggetti in mostra sono esposti per la prima volta in Italia ed alcuni sono stati restaurati appositamente per questo avvenimento.
Il nome di Nefertari, che visse più di 3500 anni fa, sin dalla scoperta della sua tomba, è stato soffuso da un’alone di mistero, forse per il grande amore che le portò il suo sposo Ramesse II il quale non seppe consolarsi della perdita della sua regina che morì nel 1225 a.C., all’età di 45 anni.
Di lei venne narrata, nelle numerose iscrizioni e raffigurazioni rinvenute, la straordinaria bellezza e grazia, tanto che alcuni studiosi arrivano persino a stabilirne la parentela con un’altra famosa regina – Nefertiti – asserendo che entrambe erano figlie di Ay, il penultimo faraone della XVIII dinastia.
Dal momento delle nozze, Nefertari diventò la compagna inseparabile e senza rivali del re; tutte le testimonianze dimostrano che aveva un ruolo estremamente importante nel regno per la sua intelligenza, la determinazione e la volontà che le permisero di mantenere affianco al faraone il controllo non solo delle faccende interne, ma anche di quelle internazionali e sacre.
Il comportamento di Ramesse II nei confronti di Nefertari fu veramente eccezionale: egli giunse a dedicarle un tempio ad Abu Simbel, raro privilegio per una regina, e le costruì la più bella tra le tombe della “Valle delle Regine” sulla riva del Nilo, di fronte a Luxor, riempendola di oggetti preziosi e facendola decorare con dipinti ispirati agli “incantesimi”, o ai testi sacri del “Libro della Morte”, per garantirle l’accesso all’eternità.
Nonostante l’impegno profuso da Ramesse II per assicurare l’immortalità di Nefertari, la tomba della sposa venne saccheggiata già nell’antichità, infatti al momento della scoperta, non fu rinvenuta la mummia della regina e si trovarono solo pochi degli oggetti del suo corredo funerario, oggetti che figurano tutti nell’attuale mostra. Non solo, ma molte delle pitture murali andarono danneggiate in seguito alla precedente profanazione, Schiapparelli stesso constatò infatti che il processo di deterioramento era in atto da tempi antichi, ed il degrado subì inoltre un’accelerazione drammatica dopo l’apertura della tomba da parte dell’archeologo italiano.
Questo patrimonio culturale unico poteva scomparire del tutto se non fosse stato per gli sforzi della Egyptian Antiquities Organization e di The Getty Conservation Institute che nel 1986 hanno deciso di compiere il più grosso sforzo di recupero e conservazione di antichi dipinti egiziani. Il successo di progetti come questo è possibile grazie ad una sintesi tra ricerca, formazione di specialisti, lavoro in sito e una rete di aggiornamento, scambio e diffusione di informazioni. Il The Getty Conservation Institute promuove sia la conservazione dei beni artistici, che la sensibilizzazione del grande pubblico sull’importanza di interventi conservativi fatti a tutela di un patrimonio culturale che è un’eredità per le generazioni future.
Nella mostra il visitatore trova anche documentazioni delle varie fasi del lavoro di conservazione, durato sei anni, dal 1986 al 1992, compiuto sotto l’abile direzione di due specialisti, il cui valore è universalmente riconosciuto, Paolo e Laura Mora, professori italiani, fondatori della scuola Centrale del Restauro che hanno operato nell’intento di salvare i dipinti, intervenendo però il meno possibile affinché il restauro risultasse quasi irrilevante tanto che viene da chiedersi cosa sia stato fatto.
Inoltre in mostra vengono illustrati i metodi di costruzione delle tombe e gli strumenti usati in epoca faraonica dagli antichi costruttori accanto a quelli di sui si sono serviti i conservatori moderni, mettendo così in rilievo come antichi e moderni abbiano contribuito a preservare l’immortalità di Nefertari.
Questa mostra permette al visitatore di constatare l’incredibile ricchezza della cultura e civiltà egizie, ammirando la concretezza del lavoro degli antichi costruttori e la bravura degli attuali conservatori, rendendolo anche partecipe all’evento, infatti il perpetuarsi dell’immagine della regina Nefertari è affidata anche ad ognuno di noi a cui spetta il compito di mantenere vivo il ricordo e far si che, per i posteri, le opere d’arte siano sempre testimonianza viva.
Sponsors importanti contribuiscono alla realizzazione di questa mostra: le Assicurazioni generali, la Banca del fucino, il CTS (Ditta per la conservazione dei Beni Culturali), l’ENEL, la Fondazione Memmo, il The Getty Conservation Institute, la IGP (Impresa Generale Pubblicità), la Leonardo Arte per il catalogo e la promozione e Magia di Luna by St. André (gioielli con fasi lunari).